
Il culto della vacca in India: tra storia e sacralità
Oggi parleremo di un tema curioso e affascinante, ossia della sacralità della mucca in India.
Tutti noi abbiamo visto attraverso fotografie, documentari o magari dal vivo le strade d’India affollate di persone, automobili, risciò e… mucche! Anche nei meandri del traffico cittadino è possibile avvistare questi pacifici animali dai tratti molto magri che si muovono isolati o in piccole mandrie. Tuttavia dal 2004 si vedono sempre meno vacche per le strade trafficate delle grandi città, in quanto allontanate da questi grandi centri.
Perché in India la vacca è sacra?
Per gli induisti, che costituiscono circa l’80% della popolazione indiana, si tratta di un animale sacro ed è, quindi, “oggetto” di zoolatria ed è vietato mangiarlo. Per essere precisi l’animale venerato in India è lo zebù, caratterizzato dalla gobba sul dorso.
Nella lingua Hindi la vacca è definita “Gau Mata” ovvero “Madre mucca”, poiché essa, intesa come Madre universale che generosamente nutre tutti, dona al popolo cinque elementi fondamentali: latte, burro (ghee), sterco e urina (questi ultimi due vengono utilizzati durante cerimonie religiose o bruciati per ottenere un carburante).
Mitologia, storia e religiosità
Da alcune ricerche archeologiche è risultato che il culto del toro era presente presso la civiltà Harappa (3000-1700 a.C. circa) nella valle dell’Indo e si estese alla mucca in età vedica. Tuttavia i bovini venivano, comunque, consumati come alimento.
Secondo alcune fonti la venerazione e la sacralità di questo animale risalgono a quando in India iniziarono a diffondersi il Buddhismo e il Jainismo (che contemplavano il vegetarianismo): gli Indù smisero di consumare carne. Nel I secolo d.C. le mucche cominciarono ad essere associate a coloro che appartenevano alla casta più alta, i brahmani, di conseguenza uccidere una vacca significava uccidere un brahmani.
Anche altri elementi contribuirono ad accrescere la protezione e la sacralità della mucca, come ad esempio, l’Ahimsa (non violenza) contemplata nella filosofia yogica.
Ci sono altri contributi di questa venerazione contenuti nel Mahabharata (poema epico indiano): si narra di un re di nome Vena, che era molto malvagio, tanto che i saggi furono costretti a toglierli la vita. Egli era privo di eredi e i saggi gli strinsero il polso destro e da esso nacque Prithu. Dopo alcuni anni questo nuovo re, armato, minacciò la Terra di nutrire ad ogni costo il suo popolo. La terra prese le sembianze di una vacca e gli chiese di essere risparmiata in cambio del latte con cui poteva sfamare il suo popolo. Da allora la mucca si munge ma non si uccide.
Durante il colonialismo britannico la macellazione bovina divenne un problema molto sentito, poiché gli inglesi la praticavano. Mahatma Gandhi fu il portavoce della non violenza nei confronti di questi animali, infatti si fece portatore del Gauraksha (protezione della vacca).
In India la vacca è considerata l’incarnazione terrena di Kamdhenu, dea di tutte le mucche, raffigurata spesso con la testa di donna, la coda di pavone e le ali di aquila. Altre volte è rappresentata come una mucca al cui interno sono presenti altre divinità e ogni parte del corpo rappresenta sacralità induiste, come per esempio le gambe sono le antiche scritture Veda, le spalle sono Agni e Vayu (fuoco e vento) e gli occhi sono il Sole e la Luna. Molto spesso la raffigurazione della mucca è accompagnata da diverse divinità, quali Shiva o Krishna.
Attualmente in India sopravvivono leggi costituzionali che vietano la macellazione di questi animali, il consumo e l’esportazione della loro carne.